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STORIA DEL KINTSUGI

LE ORIGINI

LA CERIMONIA DEL TE'

茶道

Giappone, epoca Muromachi 1333-1573.

La capitale dell’impero è Kyoto la famiglia dominante è quella Ashikaga.

Il periodo è contraddistinto da un’intensificazione dei rapporti commerciali e culturali con Cina e Corea.

Tra le famiglie nobili prende piede l’antica tradizione cinese della cerimonia del tè che in Giappone viene chiamata Chado.

Tale rito viene svolto secondo le antiche tradizioni importate dalla Cina utilizzando una ceramica che abbraccia la filosofia Zen in termini di semplicità ed essenzialità.

Agli albori per queste cerimonie venivano utilizzate le vecchie scodelle per il riso utilizzate dai contadini e dai braccianti dell'impero, modellate a mano (con la tecnica che in Italia è conosciuta come a colombino) e contraddistinte da una “rusticità” elevata.

Queste scodelle abbracciavano maggiormente la filosofia zen grazie anche al fatto che spesso si presentavano rovinate dal grande utilizzo e dagli anni.

Con la diffusione di questa tradizione si sviluppa anche la manifattura ceramica intorno ad essa.


La famiglia delle ceramiche Shino in particolare la Iga realizzata in Giappone dai mastri artigiani, in passato produttori di tegole, venne identificata come la più adatta allo scopo.

La realizzazione era eseguita al tornio senza però rifinire la superficie esterna che restava piuttosto irregolare con fenditure e imperfezioni evidenti.

La vetrina era trasparente con colature casuali sul bordo esterno.

Le forme semplici e razionali, le tazze (l'oggetto più importante) erano lisce e senza manico di dimensioni ridotte per essere accolte nel palmo della mano con una altezza ridotta.


Questo tipo di ceramica poi venne soppiantata dal Raku anch’essa di origine Coreana e sviluppata in Gippone.

Fù la famiglia Ameya che cominciò a sviluppare ceramiche appositamente per eseguire la cerimonia del tè.

Questa tipologia entra talmente in sintonia con il pensiero filosofico del Chado che lo Shogun Hideyoshi donò un ideogramma dorato per marchiare la produzione con la scritta Raky (gioia e liberazione).

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LE TECNICHE

LA CERAMICA RAKU

 楽焼

L’impasto per realizzare il Raku si compone di sola argilla setacciata, lasciata sedimentare e lavorata a mano.

Subisce una prima cottura per “biscottare la superficie” ad una temperatura compresa tra gli 800° e i 900°. 


Sul pezzo poi vengono distribuiti degli ossidi.

In origine gli ossidi erano a base di solo ferro provenienti da pietre di fiume che davano il colore nero e un effetto simile alle pietre laviche. Col passare degli anni e l'affinarsi delle tecniche si cominciarono a diffondere anche ossidi a  base di piombo.

I manufatti  subiscono una seconda cottura ad una temperatura compresa tra 700° e 800°.

Immediatamente dopo questa cottura  e ancora caldi, i pezzi subivano un shock termico venendo immersi in una vasca contenente resti organici (resti organici e naturali) e chiuso per subire un raffreddamento in riduzione di ossigeno.


Il pezzo finito appariva molto poroso, contraddistinto da una vetrina colorata a seconda degli ossidi usati, iridescente, spesso con craquelé e caratterizzato da uno spessore notevole.

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LA LEGGENDA

Il KINTSUGI TRADIZIONALE

金継ぎ

La tecnica Kintsugi, letteralmente "riparare con l’oro" nasce quando lo Shogun Yoshimasa dopo aver rotto la sua tazza preferita per la cerimonia del te, decide di affidare il restauro a ceramisti cinesi.

Essi si approcciarono al problema utilizzando le tecniche di restauro canoniche in utilizzo all'epoca  riparando il pezzo con delle graffette che tenevano uniti i frammenti.


L’oggetto restaurato con questa tecnica delude lo shogun, che decide di riaffidare l'incarico a dei ceramisti giapponesi.

Per il nuovo restauro si sceglie di cambiare approccio.

L’assemblaggio dei frammenti si eseguì utilizzando la lacca di Uruschi ( la resina di una pianta autoctona del Giappone) mischiata a farina di riso. In seguito venne depositata della polvere d’oro sopra la linea di frattura. 

Il restauro così eseguito soddisfa l’imperatore e fa nascere la tradizione del Kintsugi che assume un valore filosofico di riparazione e valorizzazione delle ferite che si estende anche oltre i confini del restauro ceramico per abbracciare ancora di più le filosofie orientali e zen.

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