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OLTRE IL RESTAURO

Oggi ci troviamo sempre più spesso di  fronte all’ossessione del perfetto, del giusto a tutti i costi.

Siamo condizionati dalla tendenza consumistica che ci spinge a buttar via tutto e a nascondere i segni lasciati quando qualcosa non va esattamente come speravamo.

Risulta così sempre più difficile accettare ciò che non è come ci immaginavamo o come speravamo che fosse, e perdiamo di vista la  valorizzazione delle cicatrici che ci portiamo addosso e che, volenti o nolenti, ci ricordano chi siamo.

Questo meccanismo fagocitante e autodistruttivo entra in funzione perché subentra la paura. 

Si percepisce la vergogna del difetto, il peso del fallimento. La ferita viva ed evidente attirerà tutti gli sguardi, i giudizi, la disapprovazione comune, l'ilarità, il disprezzo, la pietà.

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Anche i nostri occhi cominciano a vederci così, con quella severità che non perdona nulla di imperfetto, il giudizio che diamo di noi di fronte allo specchio è sempre più difficile da accettare.

Per non vergognarsi di una cicatrice, di un difetto, per cambiare il giudizio su noi stessi, cosa si può fare?

Come affrontare il fallimento, le cadute?

Esiste in Giappone un’arte che fa dell’errore un’opportunità, della fine un inizio, dell’irreparabile la bellezza.

Si tratta del Kintsugi (金継ぎ)  l’oro (金), kin, si fa colare nelle fratture (継ぎ目), tsugime, saldandole insieme.

L'oggetto di ceramica che ha subito un qualche incidente riacquista la sua dignità e ciò che prima era un difetto ora è una cicatrice preziosa da mostrare con orgoglio.

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